sabato 15 maggio 2010

Donna gravemente malata, accusa: i miei polmoni distrutti dai pop-corn preparati con il forno a microonde

Una donna del Queens County, New York, ha presentato una denuncia per lesioni personali (danni irreversibili ai polmoni), contro una società che produce pop-corn con il diacetile, una sostanza chimica utilizzata per dare un sapore burroso ai pop-corn fatti cuocere nel forno a microonde.
Lo studio legale Wendy R. Fleishman ed Elizabeth Alexander, ha comunicato che Agnes Mercado (v. foto), ha depositato la causa contro la ConAgra Foods Inc., Givaudan Sapori Corp. e numerosi produttori dell'additivo diacetile.

La signora Mercado, nel mese di aprile 2010, si è vista diagnosticare una bronchiolite obliterante, grave malattia polmonare, causata dal diacetile (elemento chimico utilizzato dall'industria alimentare per la produzione di biscotti, surgelati, alcuni formaggi, snack e prodotti da forno), presente nei pop-corn prodotti dalla ConAgra. La signora Mercado, ha affermato che dal 1991 al settembre 2007, ogni giorno, mangiava 2-3 pacchetti di pop-corn Act II Light .
La bronchiolite obliterante (malattia polmonare da pop-corn) è stata scoperta nel 1990 in una fabbrica nel Missouri. La malattia ai polmoni, causata da ripetute inalazioni di diacetile, l'additivo chimico contenuto nei pop-corn, fu diagnosticata a molti lavoratori dell'impianto di produzione.
Lo studio legale ha aggiunto che la signora Mercado, affetta da ostruzione polmonare, dovrà sottoporsi a un trapianto di polmone.
La denuncia sostiene inoltre che il diacetile può causare altri problemi di salute come asma, bronchiectasie (dilatazione irreversibile dei bronchi), bronchite cronica ostruita, enfisema e insufficienza polmonare.
La signora Mercado, respira a fatica, in una breve comunicazione, ha detto:
"Ho sempre preso cura di me stessa, mai avrei pensato che mangiare qualcosa di apparentemente innocuo come i pop-corn, mi avrebbe fatto così male".

venerdì 14 maggio 2010

Scoperto il gene che 'ricrea' la testa della planaria dopo l'amputazione.Dai vermi il segreto per rigenerarsi !

(AGI) - Bruxelles - Scoperto il gene 'intelligente' che e' alla base della capacita' della planaria, una specie di verme, di rigenerare la propria testa, il cervello e altre parti del corpo dopo l'amputazione. La capacita' di imitare questo straordinario fenomeno naturale potrebbe un giorno permettere la rigenerazione di organi e tessuti umani danneggiati. Lo ha annunciato un gruppo di ricercatori dell'Universita' di Nottingham in uno studio pubblicato sulla rivista 'Plos Genetics' e riportato dal notiziario europeo Cordis. Uno dei principali obiettivi a lungo termine della scienza biomedica e' quello di comprendere le basi genetiche per 'riprodurre' o rigenerare tessuti partendo da strutture adulte. Nel documento il gruppo di ricerca fa notare che la capacita' di rigenerarsi e' molto diffusa tra gli animali; questo permette agli scienziati di studiare le risposte dell'evoluzione al coordinamento di questo processo. Aziz Aboobaker, scienziato che ha partecipato allo studio britannico, ha spiegato che anche un semplice verme ci offre una grande opportunita' per capire la rigenerazione tissutale. "Vogliamo riuscire a capire - ha detto - come le cellule staminali adulte degli animali sono in grado di lavorare collettivamente per formare e sostituire organi e tessuti danneggiati o mancanti. I progressi compiuti nella comprensione del meccanismo negli altri animali potranno presto risultare rilevanti per gli esseri umani". La planaria ha una popolazione di cellule staminali che possono dividersi rapidamente permettendo la generazione di diversi tipi di cellule mancanti dopo l'amputazione, come ad esempio quelle muscolari, intestinali e anche cerebrali. Il mix di geni attivi in queste cellule staminali e tessuti rimanenti sono quindi in grado di gestire il processo di rigenerazione in modo che le nuove strutture siano della giusta dimensione, forma e orientamento, e 'finiscano' nel posto giusto. Il risultato finale del processo e' un organismo nuovamente funzionante. "Grazie a questa nuova ricerca, ora sappiamo che il gene 'Smed-prep' e' in gran parte responsabile di questa straordinaria capacita'", hanno riferito dall'Universita' di Nottingha. Il gene e' specificamente necessario per "coordinare la rigenerazione del cervello della planaria, probabilmente la parte piu' interessante della sua rigenerazione", hanno spiegato gli scienziati. Il ricercatore e co-autore dello studio Felix Daniel ha sottolineato come la comprensione delle basi molecolari per il rimodellamento dei tessuti e la rigenerazione sia fondamentale per la medicina rigenerativa. "Le planarie - ha spiegato - sono note per la loro eccezionale capacita' di rigenerazione essendo in grado di rigenerare una testa nuova dopo la decapitazione. Con il gene homeobox Smed-prep abbiamo caratterizzato il primo gene necessario per correggere il destino anteriore e il patterning durante la rigenerazione". Aboobaker ha aggiunto che, sapendo cosa sta avvenendo quando i tessuti si rigenerano in circostanze normali, gli scienziati possono iniziare a formulare come rimpiazzare in modo sicuro gli organi, i tessuti e le cellule danneggiati in caso di trauma o malattia. Queste informazioni potrebbero ad esempio portare a nuovi trattamenti per l'Alzheimer. "Con questa consapevolezza", ha concluso Aboobaker, "possiamo anche valutare le conseguenze di cio' che accade quando qualcosa va male durante i normali processi di rinnovo delle cellule staminali, per esempio nel sistema di cellule ematiche in cui le staminali 'canaglia' possono causare la leucemia".

iPhone ha l’idea folle che aiuta a soccorrere gli animali

Feriti, persi o trovati, agli animali in difficoltà oggi ci pensa iPhone con l'app iFaunalovers.

Il quinto progetto "folle ma nemmeno tanto" ad essersi aggiudicato il premio di Mad Ideas è, infatti, un'applicazione per iPhone dedicata a chi ama la natura e gli animali con una triplice funzione: ritrovare gli animali che sono scappati o si sono persi, segnalare il ritrovamento di animali feriti e/o vittime della trappole dei contrabbandieri, denunciare il ritrovamento di quest'ultime.

Il nuovo codice della strada impone di prestare aiuto agli animali coinvolti in un incidente? Non c'è problema!
Una volta scaricata, l'app consentirà di collegarsi a Google Maps per recuperare informazioni sugli ospedali veterinari più vicini aperti 24 ore su 24 oppure di turno in quell'istante con tanto di recapito e relativo numero di telefono. Non ci saranno più scuse: con questo ausilio qualsiasi soccorritore in possesso del melafonino con iFaunalovers avrà tutti gli strumenti necessari per aiutare l'animale ferito.

E se l'animale in questione è stato smarrito, iFaunalovers aiuterà a fargli ritrovare il suo padrone. Infatti, con questa nuova Mad ideas chiunque ritrovi per strada un cane o un gatto, avrà la possibilità di fotografarlo, segnalare il luogo di ritrovamento, fornire qualche segno particolare identificativo ed eventualmente indicare a quale canile è stato affidato.

Si potrà così costruire un database di animali abbandonati e ritrovati, di qualsiasi genere; chiunque abbia smarrito il proprio cane o gatto avrà quindi anche questa risorsa per verificare se nelle vicinanze qualcuno ha avvistato l'amico scomparso.
Una chance in più che di sicuro sarà apprezzata dalle associazioni che accolgono animali in stato di abbandono e quindi in pericolo, ma anche e soprattutto da quanti si sono già trovati nella condizione di girare a vuoto per giorni, mesi o perfino anni nella speranza di veder alla fine spuntare da qualche parte il proprio quattro zampe.

Il database aiuterà ovviamente anche chi è in cerca di nuovo amico e vuole trovarlo tra i quattro zampe più sfortunati, quelli cioè che "esseri umani" senza scrupoli hanno deciso di abbandonare. Perché non è che tutti gli animali trovati sono frutto di smarrimenti.

Di "persone" senza scrupoli è, purtroppo, pieno il mondo.
Ma l'applicazione per fortuna è stata studiata pensando anche a queste e infatti, può permettere di segnalare alle guardie forestali, ad esempio, il ritrovamento di trappole abusive per animali istallate da bracconieri
.
Davanti ad una situazione di questo genere, il cittadino responsabile potrebbe indicarne l'esatta posizione alla guardia forestale in modo da eliminare la minaccia per gli animali e cogliere in flagrante il bracconiere in un secondo momento.

Uno dei problemi più grossi delle moderne società cosiddette "evolute" è l'indifferenza ed è necessario cercare di combattere prima di tutto questa.
Un impresa ardua per la quale essere responsabili e amare gli animali può non bastare se non ci sono gli strumenti giusti e i modi per comunicare con altre persone altrettanto responsabili e amanti degli animali. Oggi gli strumenti ci sono e allora ben vengano le nuove tecnologie (queste sì davvero evolute) se possono aiutarci
anche a combattere l'indifferenza giorno per giorno.

Certo, in questo caso bisogna avere anche iPhone o iPad con l'app giusta, ma se siete creativi da farvi venire in idea per Apple abbastanza folle e in linea con il progetto di Saidmade potreste aggiudicarvi anche voi l'iPod Nano da 8Gb che fa i video con cui documentare
almeno le vostre missioni da "cittadini responsabili" e che questa volta è andato ad Anna, l'ideatrice di iFaunalovers.

Il team di Saidmade è già pronto ad accogliere nuove proposte, per premiarle con magnifici premi Apple e realizzare quella che sarà la vostra idea più geniale e folle!

Tutte le informazioni per partecipare su www.mad-ideas.it

Se invece siete volontari di un'associazione o comunque vi è capitato di perdere o trovare un animale potete sempre raccontarmi le difficoltà che avete incontrato e se iFaunalovers avrebbe potuto essere la soluzione!!

giovedì 13 maggio 2010

Se la mela diventa un pericolo, tre allergici su 10 temono la frutta

Una proteina crea una somiglianza tra le sostanze più impensate. E così chi è allergico alle betulaceae deve evitare pera, pesca, albicocca; chi alle graminace il melone e l'anguria. Il pericolo è un'irritazione delle mucose della bocca. Una ricerca del Policlinico di Milano rileva che questo fenomeno interessa tre allergici su dieci.

Leverà pure il medico di torno, ma una mela può rappresentare un pericolo per chi soffre di allergie alle betulaceae. Tutta colpa della cross-reattività tra pollini di alcune famiglie e vari alimenti vegetali. La responsabile si chiama profilina, una proteina allergenica che quando si ritrova sia nelle piante sia negli alimenti, crea una sorta di somiglianza tra le sostanze più impensate. E così se la mela può scatenare un attacco allergico in chi non tollera le betulaceae, i pomodori hanno lo stesso effetto con le graminacee e, ancora, carote, cicoria, sedano e finocchio possono causare una reazione per chi soffre al contatto con gli allergeni delle compositae. Il rischio è una sindrome orale allergica: un’irritazione delle labbra e della bocca.

Dal Policlinico di Milano arriva una nuova ricerca che quantofica il fenomeno della cross-reattività. Mario Previdi, responsabile della struttura Allergologia ambientale del policlinico di Milano, ha esaminato un campione di 600 pazienti allergici ai pollini, oltre il 50% è sensibilizzato al polline di betulacee (betulla e ontano) e di corilacee (carpino e nocciolo). “Tra questi - precisa Previdi – un il 31%, + soprattutto donne, risultano anche colpiti dalla 'sindrome orale allergica', un prurito-bruciore avvertito sulla lingua e sul palato mentre si mangia un frutto e mostrano sintomi a carico delle mucose orali, talora con abnorme gonfiore delle labbra". Il fatto è che molte verdure o piante da frutto, per difendersi dagli attacchi che ricevono dal mondo esterno (per esempio l'inquinamento dell'aria) usano proteine che hanno una struttura molto simile ai panallergeni presenti nei pollini degli alberi. “E così, chi sviluppa allergia al polline di betulla o di nocciolo, più facilmente si sensibilizzerà anche alle proteine panallergeniche di certa frutta o verdura”. Va detto, inoltre, che è stato osservato che la reazione nei soggetti allergici a più elementi è molto più forte. E così, se una persona soffre al contatto sia con le betulaceae sia alle compositae può avere effetti molto più seri se mangia alimenti.

Molto spesso quest' allergia si manifesta con le mele, ma anche con frutta col seme grande (pesche, albicocche, ciliege, mandorle), frutta con guscio (noci, nocciole, arachidi) e altri vegetali quali carota e finocchio. Queste proteine sono però termolabili: è sufficiente la cottura perchè non siano più attive. Tra le cross-reattività più frequenti quella tra mela e betulla che si osserva nel 30-70 per cento dei pazienti allergici a pollini di betulla. Ma il soggetto allergico alle betulaceae (betulla e ontano) oltre alla mela deve evitare anche pera, pesca, albicocca, ciliegia, banana, noce, nocciola, finocchio, kiwi, prezzemolo, fragola, lampone, prugna. Per le compositae (artemisia e ambrosia), invece, fare attenzione a sedano, melone, anguria, arachide, camomilla, mela, banana, zucca, cicoria, castagna, carota, peperone, prezzemolo, nocciola, finocchio, anice, mango e girasole.

E le graminace (piante erbacee, con infiorescenze a spiga o a pannocchia)? Stare alla larga da frumento, melone, anguria, kiwi, mandorla, pomodoro, agrumi, pesca, albicocca, ciliegia, prugna. E infine i soggetti allergici alle urticaceae per scongiurare brutte sorprese non devono mangiare gelso, basilico, ortica, melone e ciliegie.

Anche baciare chi ha appena consumato frutta o ortaggi può scatenare una reazione. "Può comparire gonfiore delle labbra, alla bocca ma anche un edema della glottide. A volte – continua l’esperto – l’ingestione di questi alimenti vegetali cross-reattivi può provocare anche manifestazioni cutanee o respiratorie come ad esempio asma bronchiale. Si sono verificati anche casi di choc anafilattico".

mercoledì 12 maggio 2010

La Moldova è l’eden dei pensionati italiani

Da una analisi del Gazzettino è emerso che la Moldova è considerata l’eden dei pensionati italiani. Vivere in Italia con una pensione minima di 500 euro è praticamente impossibile. Ci sono dei pensionati che per campare mangiano alla mensa dei poveri, l’alternativa è quella di vivere in Moldova dove lo stipendio medio è di 200 euro. Basta avere una pensione di 1000 euro per vivere come un re. Ci sono anche delle belle ragazze, per cui si può anche rifarsi una bella vita con una bella “gnocca“. Inizialmente questo flusso migratorio è cominciato con le badanti che ritornavano nel loro paese di origine accompagnate dall’uomo da accudire, per poi sposarlo, e vivere benissimo. Ovvio che ci sono i lati negativi, la Moldova non è l’Italia, non puoi parlare italiano e nè tantomeno in dialetto, non ci sono ristoranti Italiani, la pizza fa schifo, d’inverno fa troppo freddo e altro ancora. Ma con pochi euro di pensione si vive bene e solo questo conta per la maggiornza dei pensionati d’Italia, sopratutto se a fianco hai una bella Moldava. Peccato solo che manchi il mare.

Moldova, Florida d’Italia. L’ultima spiaggia degli anziani del Bel Paese, stretti da pensioni smilze e costi della vita sempre più alti, potrebbe diventare questo Paese al centro dell’Europa e fuori dalla Ue. «Qui la vita costa poco e ci sono anche belle ragazze», scherza Enzo (nome in codice, quello vero non l’ha voluto dire), trevigiano, meno di 70 anni ma più di 60: «Con i miei mille euro di pensione posso godermela, e anche comprarmi una casetta».

Tecnologia per le protesi: ecco il primo dito bionico

A Lipsia, in Germania, una mostra sui prodigi della tecnologia. Tra i 554 stand spunta la prima mano bionica. Ha cinque dita 'tech', tutte separate, ma che funzionano insieme. Proprio come quelle vere.

Prodigist è il primo dito bionico che riconosce i movimenti della mano e per questo si muove in maniera naturale.

martedì 11 maggio 2010

Quella luce che fa brillare il tumore. Così si individua il perimetro della malattia

Un agente fluorescente è in grado di illuminare le cellule tumorali, delimitando così i confini della massa cancerosa. La scoperta, per ora testata solo sugli animali, potrebbe aiutare i medici ad asportare solo i tessuti effettivamente malati. Lo rileva una ricerca pubblicata su Cancer Research.
Uno degli ostacoli più grandi nella lotta al cancro è l'impossibilità di delimitare con certezza i confini della massa tumorale, rendendo difficili eventuali interventi chirurgici. Chi opera è spesso costretto ad asportare, quando necessario, anche i tessuti non direttamente colpiti dalla malattia. Per contrastare questo e altri problemi un gruppo di ricerca della Vanderbilt University (Tennessee) ha sviluppato dei composti in grado di “accendere la luce” nelle cellule tumorali. La scoperta, per ora testata solo su modelli murini, è stata pubblicata sul numero di maggio della rivista Cancer Research. Le sue potenziali applicazioni vanno dalla diagnosi precoce al monitoraggio del grado di malignità del tumore, fino appunto alla chirurgia.

L'illuminazione delle cellule tumorali avviene grazie a degli inibitori fluorescenti dell'enzima COX-2, una proteina che, se presente in grandi quantità, può essere il campanello d'allarme di un tumore. Questa caratteristica lo rende particolarmente adatto per le tecniche di imaging molecolare, il cui obiettivo è ricavare una “fotografia” di ciò che avviene a livello cellulare. “COX-2 compare già nelle prime fasi della crescita tumorale, per poi aumentare con la malignità del tumore”, ha spiegato Lawrence Marnett, direttore del Vanderbilt Institute of Chemical Biology. “Poiché l'enzima non è presente nei tessuti sani, la sua presenza può essere utilizzata come un vero e proprio faro nella caccia alle cellule maligne”.

Per sviluppare i composti fluorescenti i ricercatori sono partiti dal nocciolo della struttura chimica di due farmaci antinfiammatori, l'indometacina e il celecoxib, entrambi inibitori della proteina COX-2. Mantenendo la struttura base dei farmaci, hanno generato circa 200 molecole fluorescenti che sono state sottoposte al test della selettività per COX-2. Di queste due hanno dato esiti positivi, mostrando anche ottime capacità luminescenti negli esperimenti in vivo una volta iniettate negli animali.

Il gruppo di ricerca si è detto entusiasta per i risultati ottenuti: “Siamo molto soddisfatti dei nuovi agenti e ci stiamo muovendo per adattarli alle sperimentazioni cliniche sull'uomo”, ha detto Marnett. Il primo passo sarà condurre ulteriori test tossicologici e farmacologici, per poi definire da quali tipi di lesioni sia meglio iniziare per sfruttare al massimo le potenzialità diagnostiche di queste sostanze. Al momento le applicazioni più promettenti riguardano il trattamento di tumori della pelle o di siti accessibili per via endoscopica, come il colon e l'esofago.

Un esempio su tutti è quello dell'esofago di Barrett, una lesione pre-maligna che può svilupparsi prima in una displasia, poi in un tumore maligno con una percentuale di sopravvivenza del 10 per cento a un anno dalla diagnosi. “Per un paziente con l'esofago di Barrett riuscire a determinare il passaggio alla displasia è un momento critico”, spiegano gli autori. “Oggi si procede analizzando campioni provenienti da biopsie casuali, che potrebbero mancare l'area della displasia. Per questo sarebbe importante dare ai medici la possibilità di vedere attraverso l'endoscopio se e quali cellule si illuminano: in questo caso non ci sarebbero più dubbi sull'avvenuta transizione e su quali cellule prelevare per l'esame istologico”.